Ci sono eventi nella vita che arrivano affinché noi possiamo manifestare la nostra Missione.
Essi arrivano senza troppo avvertirci, ecco perché uno degli aspetti fondamentali per riconoscere il proprio Ikigai è quello di essere aperti al loro arrivo, includendo la grande capacità del saper fare spazio e accogliere ciò che la Natura, il mondo, vuole che ci arrivi.
Ma cosa è questo Ikigai?
L’Ikigai (iki, “esistenza”, e gai, “scopo“) non è una teoria. L’Ikigai è uno stile di vita, una ricerca, e in quanto tale perdura tutta la vita. Si assesta all’interno della vita stessa e, per esempio, nel corso del tempo può trovare varianti. Ognuno ha il suo Ikigai (il suo scopo, la sua ragion d’essere), tuttavia, per quanto la nostra anima si sforzi di darci dei segnali che ci avvicinerebbero alla nostra missione, spesso continuiamo a ignorarli, distratti dal brusio della nostra mente. La cosa meravigliosa è che l’anima non si stanca mai di darci questi segnali, mai. E su questo dobbiamo riporre una grande fiducia, una grande fede (“fede” intesa
come “ritenere possibile” quel che ancora non si è sperimentato o non si conosce personalmente), e scegliere consapevolmente se siamo interessati a porvi attenzione o se invece ci sta bene continuare a ignorarli.
«Ci si allontana dal proprio ikigai quando si presta più attenzione al brusio del mondo, vale a dire alla società, ai genitori o agli amici, invece che al sottile, ma inesorabile richiamo della nostra anima.»
Selene Calloni Williams
Poniamoci queste domande:
Cosa mi dà gioia?
Cosa mi muove la mattina?
Quando, invece, mi sono sentita nel posto sbagliato o nel ruolo sbagliato? Quando ho trascorso ore in un lavoro solo per denaro?
E quando invece ho lavorato solo per la gloria?
Ikigai vuol dire innanzitutto prendere consapevolezza, conoscersi e poi capire la nostra ragione d’essere.
È infatti l’intersezione di 4 cose:
Tutto ciò non ha a che fare solo con aspetti materiali ma con un continuo e costante flusso di possibilità: essere al centro di questo flusso significa essere in uno scorrere in cui tutto ciò di cui c’è bisogno ci viene dato, perché c’è una missione da compiere. Questo permette di vivere in uno stato di gratitudine e di entusiasmo.
Se invece si rimane meramente nell’esperienza materiale, probabilmente si sarà portati a pensare di non avere mai abbastanza, e difficilmente ci sentiremo nella gratitudine.
Come fare quindi per immergersi in questo flusso delle possibilità?
Immaginare, partire dalla poiesi, dalla creazione, dalle emozioni, ridarsi al momento dell’attività creativa dello spirito.
«Sai Arturo […] sappi che sarà dura, perché è la prova del deserto: non dovrai leggere nulla, non dovrai scrivere nulla, non dovrai fare nulla di tutto ciò che prima riempiva le tue giornate, proprio nulla. Se riuscirai a vivere così, probabilmente capirai il deserto […].»
Arturo Paoli e Dino Biggio, Mi formavi nel silenzio. Costruttori di gioia
Fermarsi. Fermiamoci.
Fisicamente e mentalmente.
Usciamo dalla centrifuga dei pensieri.
Non serve a niente correre per essere primi in una gara che non sappiamo nemmeno quale sia e di chi sia.
Non ci serve macinare pensieri incessantemente se non sappiamo la nostra missione. Sono solo pensieri tossici.
Fermiamoli. Fermiamoci.
Comprendiamo (prendiamo con noi) il vuoto, la non parola, la pausa, il deserto. È semplice, ma non facile. Perché siamo abituati a riempire, colmare, aggiungere pur di non alleggerirci e fermarci.
«Non sapeva cosa avrebbe voluto: capiva solo quant’era distante, lui come tutti, dal vivere come va vissuto quello che cercava di vivere.»
Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore
Spesso siamo molto presi dalle nostre attività, dal nostro lavoro, dai nostri mille impegni e tutto ciò non ci aiuta nell’ascolto attivo di questi eventi, e non ci aiuta nemmeno nell’ascolto della nostra missione.
Dobbiamo fermarci e togliere. Ma cosa significa?
Fermarsi è questo: prendere coscienza della chiamata che ognuno di noi ha. Togliere è questo: un atto rivoluzionario.
Siamo indotti a pensare di poter raggiungere la felicità o la propria missione attraverso l’incontro con qualcosa che manca, qualcosa da trovare e aggiungere alla nostra vita.
Molto spesso invece si tratta di togliere. Togliere cose in più che facciamo, togliere la parte non funzionale delle nostre emozioni e trasformarla in funzionale per noi e per il nostro scopo.
Non ci sono emozioni giuste o sbagliate, c’è il saperle accogliere, ascoltarle, parlarci, senza reprimerle o buttarle fuori solo perché ci sembrano ingombranti.
Siamo in perenne cambiamento, in perenne movimento, in evoluzione: cercare è il modo che abbiamo di nutrirci, di nutrire l’anima.
«Essere è una questione di sapere chi siamo, di conoscenza di
sé, una conoscenza del cuore. Diveniamo ciò che siamo nella misura in cui amiamo ciò che siamo. La vita è un simbolo, una metafora. Ciò che vogliamo raggiungere è la pienezza dell’essere.
L’Ikigai deve essere un motto che illumina di gioia le tue giornate e ti permette di andare a dormire sereno alla sera, di godere di
giornate proficue e di sonno profondo: questo è il tuo Ikigai.»
Selene Calloni Williams
Il mio cammino
Quando si decide di affrontare un argomento con le persone e in qualche modo divulgarlo, è molto importante averne fatto esperienza e non solo aver letto libri e teorie sull’argomento.
Volevo fare l’archeologa.
Per un lungo periodo ho desiderato follemente fare questo mestiere nella vita, lo desideravo talmente ardentemente che fu uno dei motivi per cui scelsi di fare il liceo classico.
Tuttavia io non volevo solo fare l’archeologa, ma essere un’archeologa.
Propriamente non ci sono riuscita, simbolicamente sì.
Fin dal classico (complici i film di Indiana Jones) in me cresceva la voglia di trovare cose che nessun altro aveva ancora scoperto, di portare alla luce qualcosa che gli altri non avevano visto. Di scavare, di prendere con cura quelle rovine, soffiarci sopra per togliere l’eccesso del tempo e farle respirare, e poi pulirle delicatamente affinché si potesse vedere tutta la loro bellezza e tutta la loro imperfezione, tutta l’usura, tutti i pezzi mancanti, i colori rimasti e quelli sbiaditi. E, infine, donare questo reperto all’umanità, ridonarlo in tutta la sua meravigliosa imperfezione per poter essere patrimonio di tutti.
Ecco, questo è quello che faccio nella vita. Ma non con i reperti, con le persone. Lavoro in un cantiere che sarà sempre tale.
Un cantiere di scambi e di trasformazione per tutti, perché continuerò sempre a scavare per cercare reperti e sempre i reperti verranno a me per darmi a loro volta luce e rendere il cantiere a ogni esperienza più ampio.
Cambiano gli strumenti con cui, al momento, realizzo la mia missione. Non sono carteggi, non sono pale, picconi, magnetometri, non è la conoscenza di lingue arcaiche, ma la formazione e la consulenza, cosciente che la mia missione può mutarsi, cambiare oppure rafforzarsi in questa strada.
Capiamo quindi che in questa prospettiva, il concetto di ruolo non ha senso, l’attaccamento a un ruolo non serve a nulla se non a nutrire l’ego. Comprendiamo anche che eventualmente questo fantomatico ruolo va utilizzato per essere al servizio (di uno scopo, di un obiettivo, di un disegno che va oltre noi stessi e la mera scalata personale professionale). A nulla serve se viene utilizzato per alimentare una competizione contro qualcuno (anche noi stessi).
Questo ci è richiesto oggi: di cambiare il nostro mindset, di entrare in profondità e farci domande scomode. Non è più il tempo per la carriera e il successo inteso come i più hanno sempre definito.
È tempo di gentilezza e di amore, verso se stessi, verso gli altri e verso il mondo.
Bibliografia e Sitografia
Counselor Professionista, Analista Transazionale, Formatore e docente soft skill. Gestione del tempo, comunicazione, team building, dinamiche di gruppo e creatività, le tematiche trattate maggiormente. Attraverso la consulenza e la formazione accompagna le persone (e le aziende) a trovare la propria missione, il perché ci si alza la mattina, a darsi una seconda possibilità. Due pubblicazioni indipendenti: Vivere e Lavorare bene è possibile Mindset e Time Management Podcaster nel Pregevole Podcast, Podcast che si occupa di Facilitazione, nuovi metodi di lavoro e smart working (progetto ideato, scritto e prodotto insieme ad altre due professioniste in ambito digitale). Nel tempo libero fotografa panni stesi e scrive racconti sulle storie che immagina dietro ai quei panni.
Eraclito 2000 sviluppa da trenta anni attività formative rivolte ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro con l’idea centrale di creare una interrelazione diretta tra l’associazione e il tessuto socio-economico regionale e nazionale.
“L’esperienza è stata Innovativa, totalizzante, evolutiva e… a rilascio prolungato. La consapevolezza di ciò che ho appreso è stata per alcuni aspetti immediata mentre, per altri, mi me ne sono resa conto nei mesi successivi alla conclusione dell’esperienza CIBA, e sono convinta che tanto ancora beneficerò degli insegnamenti ricevuti”
– Letizia Marcacci
“Il CIBA è una bellissima esperienza personale e formativa che porterò certamente dentro di me per tutto il resto della vita. Mi piace dire che il Master Intensivo in CIBA è un master che non va raccontato, ma va vissuto in prima persona.”
– Luca Baldoni
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